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Il codice entrerà in vigore a febbraio. Il sindaco: ma non sarà un’imposizione, cerchiamo il consenso di tutti
Milano, certificato medico per le modelle
Varate le regole anti anoressia: via dalle sfilate le under 16 e indice di massa corporea sopra il 18

2 dicembre 2006
(corriere.it)

MILANO — Il codice, adesso c’è. Non imporrà nulla a nessuno, ma chiederà a stilisti, fotografi, editori e agenti di accettare alcune regole per le modelle: non potranno sfilare se avranno meno di 16 anni e il loro indice di massa corporea, calcolato secondo parametri precisi, non arriverà a 18. Di più: chi punta alle passerelle dovrà presentare un certificato medico che attesti l’idoneità psicofisica e dovrà partecipare a corsi di alimentazione. Infine, ci vorrà trasparenza sulle taglie, che dovranno essere rapportate all’altezza e bisognerà presentare un modello sano di benessere legato anche allo sport.
Queste le principali norme scritte nero su bianco, primo risultato concreto del tavolo Moda e Salute voluto dal Comune di Milano e dalla Camera della Moda e rilanciato dal sindaco Letizia Moratti, all’indomani dell’allarme anoressia lanciato in seguito alla morte di una modella brasiliana che non è riuscita ad uscire dal tunnel di questa insidiosa malattia.

«Non vogliamo leggi, serve un codice di autoregolamentazione », aveva detto la Moratti riprendendo il monito del ministro Giovanna Melandri. Alcuni operatori di questo settore, in testa Maria Luisa Trussardi della Camera nazionale della Moda, hanno aderito al manifesto di intenti e le proposte, definite anche durante la tavola rotonda organizzata dal Corriere della Sera dieci giorni fa, hanno preso forma.
Come spiega l’assessore alla Moda, Tiziana Maiolo, che insieme alla collega Carla De Albertis, assessore alla Salute, rappresenta il Comune al tavolo, «siamo decisi a stringere i tempi, perché vogliamo sottoporre il manifesto a chi rappresenta il mondo della moda, ma anche a chi fa giornali e riviste dove viene sempre evidenziato il modello della donna magrissima: chiederemo di applicare il codice già in occasione delle sfilate milanesi che si apriranno il 17 febbraio prossimo».

Il codice, le cui linee guida sono state stilate dai medici presenti nel gruppo di lavoro voluto dal Comune (nutrizionisti, esperti di disturbi dell’alimentazione, psicologi, psichiatri e sociologi) sarà accompagnato da due appelli. Il primo è rivolto alle mamme «perché sia gli agenti delle modelle che i medici ci hanno confermato che molte ragazze si avviano alla carriera di modella su insistenza della madre», conferma la Maiolo annunciando lo slogan «dal bell’essere al benessere ». Altro problema emerso è che molte adolescenti possono venire influenzate dal rapporto che le loro mamme hanno con il peso. E se un adulto è in grado di evitare che quella della linea diventi un’ossessione, la ragazzina potrebbe più facilmente far coincidere un proprio disagio di crescita con il rifiuto del cibo. Il secondo appello è invece rivolto alla scuola perché, come ha ribadito durante i lavori la dottoressa Maria Gabrielle Gentile, dell’ospedale Niguarda di Milano, il cosiddetto «contagio» comincia già alle elementari.
Le norme fin qui concordate e già scritte, verranno presentate entro Natale agli operatori cui si rivolge il codice. «Il nostro obiettivo—conclude la Maiolo—è fare delle sfilate di febbraio un momento di svolta». E cominciare a diffondere, dalle passerelle di Milano, un nuovo modello di bellezza.


Usura, su 400 sos solo 2 denunciano gli aguzzini
2 dicembre 2006
(ilgiornale.it)

Lucia oggi è tornata a vivere. A chi si trova nella sua situazione, dice che «non bisogna avere paura, ma armarsi di coraggio e lottare». Mesi fa, sommersa dai debiti verso la banca e con la casa pignorata, è finita nelle mani degli usurai. «Volevo aprire la bombola del gas e suicidarmi»», confessa. Anche Franca, titolare di un negozio di bomboniere a Milano, voleva farla finita. «Ero disperata, se non mi avessero fermata avrei ingerito un flacone di pastiglie, trascinando con me anche mio marito e mio figlio», ammette. Una telefonata in lacrime, il 31 ottobre, al vicesindaco che l'ha messa in contatto con l'associazione «Sos Italia libera» le ha ridato la speranza. La storia di Silvia invece è girata a Mariano Comense. Titolare di un'agenzia immobiliare, quando si è trovata sommersa dai debiti ha chiesto aiuto «persone insospettabili», un odontotecnico e il suo complice che in cambio di interessi «un po' più alti» delle banche erano disposti a prestarle denaro. «Peccato che quel “qualcosina” in più era il 100% - racconta -. Sono entrata in un meccanismo che è durato due anni, io e i miei genitori abbiamo perso tutto, soldi e affetti». Silvia è stata anche picchiata dai suoi aguzzini, finché ha trovato il coraggio di denunciarli. Tre storie di usura che in comune hanno la disperazione, ma anche la speranza restituita da una telefonata al numero verde 800.667733 (attivo 5 giorni su 7 dalle 9 alle 18), quello dell'Ufficio vittime di violenze e reato del Comune, che le ha messe in contatto con l'associazione anti-racket Sos Italia libera.

Sono state 400 negli ultimi 3 mesi le persone che si sono rivolte al centro, ma solo due hanno avuto il coraggio di denunciare gli strozzini. «Purtroppo - spiega il presidente Paolo Bocedi - prevale l'omertà, la vergogna». Palazzo Marino 2 anni fa ha stabilito una convenzione tra l'Ufficio vittime di violenze, che ha sede in via De Calboli 1 - e nei primi sei mesi del 2006 ha ricevuto oltre 1.680 telefonate, il 12% per casi di truffa e usura - e Sos Italia libera, per aiutare sia psicologicamente che legalmente le vittime dell'usura.
«Purtroppo - commenta il vicesindaco Riccardo De Corato - non molti hanno il coraggio di uscire dall'anonimato e denunciare gli aguzzini, il problema è aiutare le persone impaurite a uscire allo scoperto». Da qui l'appello di Bocedi: «Milano non è terra di mafia, ma il problema esiste, ed esiste il fenomeno dell'usuraio della porta accanto. Il solo modo per uscirne e accedere al fondo per ripagare i debiti è la denuncia».


Occupa una casa Aler. Il Tar: «Ha ragione»
2 dicembre 2006
(ilgiornale.it)

Nel 2003 aveva occupato un appartamento sfitto dell'Aler in piazza Insubria, dopo averne forzato la porta. E il Tar ha dato ragione all'abusiva, costringendo l'Azienda di edilizia residenziale a pagare 2mila euro di spese processuali. Motivo: l'ente ha atteso troppo prima di intimarle lo sfratto.
Il Tribunale amministrativo regionale infatti ha riconosciuto che l'ordine di rilascio «si giustifica al fine di consentire all'ente proprietario di rientrare immediatamente nella disponibilità dell'immobile». Ma prima di ordinare l'abbandono della casa l'Aler avrebbe lasciato passare 18 mesi. Un periodo troppo lungo, nel quale l'inquilina abusiva sarebbe passata dal torto alla ragione. «L'Aler - hanno infatti precisato i magistrati - ha avuto notizia dell'occupazione dal maggio 2003, quando è stata sporta denuncia, mentre l'ordine di rilascio è stato notificato l'11 novembre 2004».
La signora aveva fatto ricorso, spiegando che prima dell'intimazione, avrebbe avuto ricevere una diffida in modo da avere il tempo di presentare documenti e argomentazioni a difesa. Per esempio spiegando la «situazione di grave disagio in cui versa la propria famiglia» e «le numerose istanze di assegnazione di un alloggio in emergenza restate senza esito».
Il Tar le ha dato ragione in base a un regolamento regionale, secondo cui «in caso di occupazione il proprietario intima immediatamente il rilascio dell'alloggio». E proprio su quell'«immediatamente» l'abusiva l'ha spuntata e può restare nella casa pagando l'affitto. Benché, su tutti gli altri aspetti, il Tar abbiano dato ragione all'Aler.

Per esempio spiegando che l'emergenza abitativa non giustificava l'uso della forza. E inoltre lo sfratto non aveva bisogno di motivazioni, non necessitando di «valutazioni in ordine alla condizione personale, familiare e abitativa degli interessati».
Quello della signora di piazza Insubria comunque è soltanto uno dei 4.550 casi di occupazione abusiva a Milano, su un totale di 72mila alloggi di proprietà del Comune. Un fenomeno, quello dell'abusivismo, che nell'ultimo anno è cresciuto del 60 per cento, mentre per gli alloggi targati Aler abitati illegalmente l'aumento è stato del 34 per cento.


Impianti di riscaldamento Al via dodicimila controlli
2 dicembre 2006
(ilgiornale.it)

A pagare saranno ancora una volta i milanesi. Dopo lo stop (momentaneo o definitivo?) al ticket d'ingresso in città, Palazzo Marino rivolge altrove la sua caccia alle emissioni inquinanti. E, nel mirino, finiscono le caldaie dei milanesi. Ieri, dopo l'approvazione di una delibera in giunta, la notizia che sono in arrivo controlli a tappeto sugli impianti. Sia condominiali che a gestione autonoma. Mano al portafoglio, dunque, sia per saldare il conto degli «accertatori» inviati dal Comune (54 euro), che per pagare le eventuali salatissime multe (da 500 a 10mila euro) che verranno comminate a chi non è in regola. Sconsigliabile sperare di farla franca, molto meglio mettersi in regola finché si è in tempo. Anche perché la giunta ha deciso che saranno ben 12mila gli impianti visionati (una quota ben superiore a quella prevista dalla legge) e quaranta i tecnici inviati a controllare. E, alla fine, gli impianti testati saranno 12mila, 7.500 termoautonomi (il 5 per cento) e 4.500 centralizzati (15 per cento). Per chi volesse risparmiare e stare tranquillo, la novità è rappresentata dalla possibilità di autocertificazione. Grazie alle ditte convenzionate con il Comune, si potrà ottenere il bollino verde che certifica l'avvenuta manutenzione della propria caldaia, con il vantaggio dell'esenzione del pagamento di un eventuale futuro controllo. E, ovviamente, di scampare il rischio multa. «Oltre al piano di mobilità sostenibile, per cui stiamo mettendo in campo un pacchetto di iniziative - spiega l'assessore ai Trasporti e all'Ambiente Edoardo Croci - l'amministrazione si muove anche su un altro terreno, quello dell'efficienza energetica. Avere un impianto che funziona bene, significa non inquinare, ma anche risparmiare».

Tra gli obiettivi, anche quello di arrivare a una sorta di carta d'identità elettronica di ogni caldaia, associando ad ogni impianto un «codice» che contenga tutte le informazioni che lo riguardano. I controlli consisteranno in una verifica sia della documentazione legata all'impianto, sia delle performance della caldaia. Per la sicurezza dei cittadini, la visita del tecnico, qualificato da un attestato rilasciato dall'Enea, sarà annunciata da una lettera: verrà comunicato il nome dell'incaricato e sarà possibile fissare la data per il controllo. «L'annuncio di Croci - protesta il consigliere Aldo Ugliano (Ulivo) - contrasta con quanto affermato dallo stesso assessore giorni fa, quando aveva previsto controlli su 20mila caldaie. Ora quel numero è già diminuito del 40 per cento (12mila). Ma i maggiori errori di questo provvedimento non sono quantitativi, risiedono nei tempi, nell'equità e soprattutto nella macchinosità e nell'inefficacia. È un intervento tardivo perché ormai le caldaie sono accese e iniquo perché le fasce di popolazione meno favorite, in particolare gli anziani e le donne sole, sono anche quelle che meno probabilmente correranno a autocertificare il possesso della caldaia pagando il bollino da 5,16 euro. E se arriva il controllo a campione pagheranno la certificazione di 54 euro».